Salmo 84

1 Oh, quanto sono amabili le tue dimore, / SIGNORE degli eserciti!
2 L’anima mia langue e vien meno, / sospirando i cortili del SIGNORE; / il mio cuore e la mia carne mandano grida di gioia al Dio vivente.
3 Anche il passero si trova una casa / e la rondine un nido dove posare i suoi piccini… / I tuoi altari, o SIGNORE degli eserciti, / Re mio, Dio mio!…
4 Beati quelli che abitano nella tua casa / e ti lodano sempre!
5 Beati quelli che trovano in te la loro forza, / che hanno a cuore le vie del Santuario!
6 Quando attraversano la valle di Baca / essi la trasformano in luogo di fonti / e la pioggia d’autunno la ricopre di benedizioni.
7 Lungo il cammino aumenta la loro forza / e compaiono infine davanti a Dio in Sion.
8 O SIGNORE, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera; / porgi orecchio, o Dio di Giacobbe! [Pausa]
9 Vedi, o Dio, nostro scudo, / guarda il volto del tuo unto!
10 Un giorno nei tuoi cortili val più che mille altrove. / Io preferirei stare sulla soglia della casa del mio Dio, / che abitare nelle tende degli empi.
11 Perché Dio, il SIGNORE, è sole e scudo; / il SIGNORE concederà grazia e gloria. / Egli non rifiuterà di far del bene a quelli che camminano rettamente.
12 O SIGNORE degli eserciti, / beato l’uomo che confida in te!

 

 

Cara Comunità,

il testo biblico per la predicazione odierna non è morbido come il Vangelo di questa domenica o come altre letture. No; il testo biblico della nostra predicazione di oggi è il salmo con cui abbiamo cominciato a pregare: “Oh, quanto sono amabili le tue dimore, SIGNORE degli eserciti!”. E capiamo subito perché questo salmo sia stato scelto per la festa di consacrazione della chiesa.

Il salmo 84 parla delle dimore di Dio. Parla della gioia per la casa di Dio. Parla di quanto è bene essere nel santuario di Dio. E parla del Tempio di Gerusalemme.

“Oh, quanto sono amabili le tue dimore, SIGNORE degli eserciti!”. Oggi, potremmo trarre gioia anche solo dalla bellezza linguistica di questo salmo. Potremmo trarre gioia dal fatto che questo salmo, a differenza di molti altri, offre solo pensieri positivi. Potremmo far risuonare nei nostri pensieri le molte sfumature, note e meno note, di questo salmo.
“Oh, quanto sono amabili le tue dimore, SIGNORE degli eserciti!” .

Ma possiamo fare anche alcune osservazini molto concrete su questo salmo, perché non dobbiamo solo rallegrarci, a dobbiamo anche capire meglio qualcosa e trarne insegnamento. Questo è pur sempre il compito di una predica.

E se capiamo meglio il salmo 84, allora capiamo anche meglio ciò che oggi celebriamo e su cui vogliamo meditare: il significato e il ruolo del nostro edificio di chiesa. La Parola di Dio non vuole solo “abbellire“ la domenica o la nostra vita, o riversarvi sopra una salsa devota, ma vuole sempre di nuovo spiegarci e condurci più vicini e direttamente a Dio.

 

I

Facciamo dunque alcune osservazioni su questo salmo meraviglioso, partendo dal primo verso:

“Oh, quanto sono amabili le tue dimore, SIGNORE degli eserciti!”.

“Amabili“ è detto qui, non “belle” o “graziose”. “Amabili”, qui, non è un concetto estetico, ma sociale!

“Oh, quanto sono care a me le tue dimore, SIGNORE degli eserciti!”, si dovrebbe dire, “Quanto sono attaccato alle tue dimore”. Il salmo non descrive in alcun passo la bellezza del Tempio: né quella architettonica né quella artistica. Ve ne siete accorti?

Questo sì che è degno di nota! Israele era incredibilmente fiero del suo Tempio. E questo Tempio poteva reggere il confronto con i grandi santuari degli altri popoli. Ma qui non si fa parola delle sue dimensioni e dei suoi arredi! Le chiese, almeno a Roma, devono essere belle, pensiamo noi. E anche la nostra Christuskirche, piccola e giovane, può reggere il confronto con le basiliche, grandi e antiche, di questa città. I mosaici dorati luccicano e impressionano fino ad oggi. Marmo e oro mostrano che la fede è qualcosa di prezioso. Anche solo questo pulpito, con le sue dimensioni e i suoi rilievi, vuole essere bello. Ma tutto ciò, se partiamo dal salmo 84, non fa una dimora di Dio. La bellezza non è requisito della casa di Dio. Desideriamo la bellezza. Possiamo essere grati di avere una chiesa bella. Possiamo essere fieri di avere una chiesa evangelica particolarmente sfarzosa. Dobbiamo anche badare che sia e resti bella e curata e attraente.

Ma tutto questo non ne fa automaticamente la casa di Dio!

È già quasi un concetto protestante che si può quasi dimenticare nella Roma cattolica. Ciò che ci attira a Dio non è l’estetica, ma dev’essere qualcosaltro. “Amabili” sono le dimore di Dio non perché sono belle, ma perché offrono qualcosa di affatto diverso.

 

II

E con ciò siamo giunti alla seconda osservazione:

la casa di Dio offre protezione! Questa è l’affermazione centrale del salmo 84.

È questo ad attirare l’orante, ad essere per lui caro e prezioso: non la grandezza e il decoro, ma la protezione che offre la casa di Dio.

“Anche il passero si trova una casa e la rondine un nido dove posare i suoi piccini… I tuoi altari, o Re mio, Dio mio!”

I salmisti hanno fatto un’osservazione sottile. Le rondini hanno fatto i nidi tra le tettoie e le travi del Tempio. Conosciamo questa situazione. E questo fatto, del tutto naturale e quotidiano, viene interpretato in senso spirituale. È qualcosa di speciale! Le rondini, con i loro piccoli, diventano per noi di esempio. Gli uccelli diventano esempio per noi, per cerare alloggio e protezione nella casa di Dio. Ciò che le bestiole fanno per istinto, può essere d’esempio per noi esseri umani: usano la sicurezza offerta dalla casa di Dio. Molte persone cercano sicurezza altrove.
Come in altri passi della Bibbia, qui gli animali diventano esempi e dovrebbero far vergognare gli esseri umani, che si suppongono essere superiori.

“Il bue conosce il suo possessore, e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non ha conoscenza, il mio popolo non ha discernimento”, dice il profeta Isaia (1, 3) e il nostro salmo contrappone le rondini agli esseri umani che preferiscono vivere da malvagi ed empi nelle tende, piuttosto che tra le colonne di pietra del Tempio.

Nella casa di Dio c’è protezione. Questo, in ogni caso, possiamo impararlo dalle piccole rondini.

E ciò che è espresso con quest’immagine tenera lo è anche con altre immagini.

Anzitutto, col nome di Dio “Signore degli eserciti”, che compare già nel primo verso:

“Oh, quanto sono amabili le tue dimore, SIGNORE degli eserciti!” Che cosa significa questo termine ebraico?

“Sabaoth” sono gli “eserciti”. Dio è il “Dio degli eserciti”. Non s’intendono soldati umani, ma eserciti celesti: angeli e potenze cosmiche. Il Dio d’Israele non è un Dio debole, ma è un Dio potente, che tiene in mano cielo e terra. Il Dio vivente non è vecchio, debole o morente, come lo rappresenta volentieri velenosamente la Modernità e la sua critica alla religione. La Chiesa che s’indebolisce è uguale al Dio che s’indebolisce. Sempre meno persone credono in Dio, perciò il suo potere s’indebolisce. Così pensano molti.

Ma è del tutto sbagliato. Non si può far derivare dalla debolezza della Chiesa o dal numero dei credenti niente riguardo alla potenza di Dio. Né oggi né allora.

Il piccolo Israele era circondato da popoli molto più grandi e potenti e che avevano divinità molto più numerose e spettacolari. E proprio in questa posizione di inferiorità, Israele proclama: il nostro Dio è il Signore Sebaoth. Egli è il Signore delle potenze cosmiche! Non gli dei della guerra degli altri. Non il Sole o la Luna! Il nostro Dio è sole e scudo! Il Signore dà grazia e onore!

Non gli astri, non i potenti umani, non i falsi dei!

Il nostro Dio è forte, anche se la realtà vissuta appare diversa,

Lo ripeto, perché è importantissimo: non si può mai risalire, dalla forza e dal numero dei credenti, alla forza e alla potenza di Dio.

A Roma, vediamo che la Chiesa si è rappresentata a lungo come Ecclesia triumphans, mostrando questo: siamo forti, a noi appartengono tutti perciò la nostra fede dev’essere vera. Questo è umano, ma è anche pericoloso! Israele ci insegna questo:

anche se siamo pochi; anche se siamo deboli; anche se altri ci dileggiano, il nostro Dio è forte! Egli è il Signore degli eserciti!

E noi, ogni volta, dovremmo averlo chiaro per noi stessi, quando ascoltiamo le parole, che cantiamo durante la Santa Cena: “Santo è il Signore Sabaoth, tutta la terra è piena della sua gloria.”

“Signore Sabaoth”: questa è una professione di fede riguardo alla forza di Dio, nonostante la nostra debolezza.“Beati quelli che trovano in te la loro forza”, e non in loro stessi!

Con l’attributo divino “Sabaoth”, “Signore degli eserciti”, il salmo dice chiaramente:

Dio è la nostra potenza che protegge. La casa di Dio più un rifugio che un monumento.

Ciò che contraddistingue una chiesa è che offre protezione, protezione eterna, e rifugio.

E con ciò siamo giunti a un’immagine di chiesa in tutto e per tutto protestante:

“È forte rocca il Signor, per noi corazza e lama”. Quest’inno, basato sul salmo 46, parla della casa di Dio in modo proprio marziale, piuttosto che “amabile”. Le immagini sono più dure di quelle del salmo 84, ma sono pregnanti! La chiesa è più un rifugio che una splendida “casa di gloria”, per quanto possa apparire modesta, finché offre alloggio alla creatura sofferente.


Chi si sia mai trovato, là fuori, in un brutto temporale, sa che non si cercano saloni rivestiti di marmo e nemmeno spazi decorati con mosaici dorati. Chi cerchi rifugio trovandosi in montagna è grato di ogni rifugio: tanto esistenziale sia il nostro atteggiamento verso la casa di Dio. Chi cerca protezione, la trova da noi. E con ciò siamo di nuovo tornati alle rondini. Si tratta di protezione. Lo abbiamo già ascoltato nella prima lettura, tratta dall’Apocalisse: lì si parlava, con i colori più belli, della grande, radiosa Gerusalemme celeste alla fine dei tempi.

E vi si dice: “Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini” (Ap 21, 3). Perché “tabernacolo”, “capanna”? Il concetto non si addice per nulla!

Ma è perché l’argomento è la protezione! La presenza di Dio tra non ha a che fare con lo sfarzo e lo splendore, ma, in ultima analisi, con l’offrirci una capanna dove trovare protezione.

Anche la Gerusalemme celeste, alla fine, non si contraddistingue per lo sfarzo, ma perché Dio “asciugherà ogni lacrima” dai nostri occhi (Ap 21, 4).

Ciò che noi umani cerchiamo e di cui abbiamo bisogno e che troveremo alla fine e già ora in Dio sono accoglienza, comprensione, consolazione.

È di questo che si tratta e di ciò deve trattarsi anche nella nostra chiesa, intesa come edificio, pur con tutta la sua bellezza.

 

III

Ultima osservazione: “Oh, quanto sono amabili le tue dimore”: perché c’è il plurale?

Perché il salmo parla di dimore e non di una sola dimora di Dio, dato che c’era un solo Tempio per Israele? Si potrebbe dire che il plurale esprima la grandezza e l’estensione del Tempio. Dio non ha solo una stanza, ma ha a disposizione un complesso gigantesco. Si potrebbe dire che il plurale “dimore” corrisponda ai “cortili del Signore”, che di fatto erano parecchi.

Quali che siano le cause linguistiche per cui il nostro salmo 84 parla di “dimore”, ci dà così un segnale meraviglioso. Dio non si fa fissare a una sola dimora.

Quando si parla del luogo di soggiorno di Dio, si deve sempre parlare al plurale!

Dio non dimora esclusivamente a Gerusalemme. Dio non si fa confinare a Roma né a Costantinopoli e nenache a Wittenberg o a Ginevra!

Dio prende dimore sempre dove vuole. Dio è vicino agli esseri umani sempre dove essi cercano rifugio in lui. Gesù una volta, discutendo con una donna sul giusto luogo di adorazione, disse chiaramente: “Dio è Spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità” (Gv 4, 24) e non in un luogo determinato. Non c’è una sola chiesa, non c’è un solo santuario, non c’è un solo luogo centrale, ma la chiesa è dove Dio entra con la sua Parola e col suo Sacramento.

Gesù entra nella casa di Zaccheo il pubblicano e risana questo peccatore.

Così, anche questa casa irrilevante e, probabilmente, di dubbia fama, diventa un santuario: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa” (Lc 19,9), perché Gesù pronuncia la sua parola redentrice.

Oppure, pensiamo alla casa ignota in cui entrano i due discepoli che, nel giorno della resurrezione, sono in cammino per Emmaus. Durante la Cena, quando Gesù rompe il pane, lo riconoscono; e quest’alloggio irrilevante diventa, per loro, santuario in terra, perché hanno riconosciuto Gesù. Sì, le dimore di Dio sono molte, tante queste sono le persone che incontrano davvero Gesù.

Possa la nostra chiesa essere sempre di nuovo una di tali dimore, perché questa è la sua destinazione! “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore”, dice Gesù ai discepoli (Gv 14, 2). Anche qui, come nel salmo 84, viene usato il plurale.

Dio non ci costringe ad entrare in una grande sala, ma tiene pronte per noi molte singole dimore. La nostra unicità e il nostro valore personale valgono davanti a lui. “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore”. Gesù non parla del Tempio, ma di ciò che ci attende dopo la morte.

Ma così il cerchio si chiude. Perché c’è una cosa che le dimore di Dio, terrene e celesti, hanno in comune: qui siamo accolti. Qui siamo in un luogo cui apparteniamo. Qui dobbiamo essere.

Chi, già ora, si sente bene alla presenza di Dio, in cielo stenterà a comprendere la sua felicità.

E chi, già ora, si sente disturbare da talune peculiarità troppo umane della sua Chiesa, può essere certo che in cielo si metterà fine ad esse. Ma in cielo e in terra una cosa è chiara:

La casa di Dio è il nostro rifugio. Da lui possiamo venire. Oggi troviamo consolazione. Ma poi troviamo sicurezza assoluta. E quindi non si può dire meglio di quanto faccia il salmo 84:

“Beati quelli che abitano nella tua casa e ti lodano sempre!”: già oggi, qui, e poi per l’eternità.

Amen.

Festa della consacrazione – Pastore Dr. Jonas