I Re 17, 1-16
Cara Comunità,
“C’era una volta…“: così cominciano molte favole.
C’era una volta un uomo saggio e timorato di Dio, in una terra lontana. Un giorno, vide venire
una grande siccità; fu mandato in Oriente e dovette nascondersi vicino ad un piccolo torrente.
Quando arrivò al torrente, vide che poteva bere l’acqua. E quando pensò a dove trovare
qualcosa da mangiare, arrivarono volando dei corvi, che gli portarono pane e carne la mattina e
la sera. Ma, ahimé, il torrente si seccò perché non piovve nemmeno in quella contrada. Ogni
giorno, il sole splendeva. Di nuovo, l’uomo pio fu costretto a proseguire il viaggio.
Se qualcuno raccontasse questa storia leggendo in un grosso librone, magari di sera, quando a
uno gli occhi quasi si chiudono, allora si penserebbe di ascoltare una favola. Le persone buone
finiscono in situazioni difficili e gravi. Ma spesso ci sono animali che aiutano; talvolta, nelle
favole, essi parlano pure. Ma, soprattutto, alla fine la storia, nonostante tutti gli ostacoli, finisce
bene, altrimenti non sarebbero buone storie della buona notte.
Le favole non le raccontiamo per divertimento. La maggior parte di esse sono piuttosto serie,
trattano di situazioni gravi e di pericoli. Si parla di vita e di morte, di sapienza di vita.
Poiché le favole contengono molta più verità di certe cose che ascoltiamo o leggiamo da
qualche parte, anche nella Bibbia ci sono storie con tratti fiabeschi, che vengono ripetutamente
narrate per consolare, per fare coraggio contro la disperazione, per resistere in tempi difficili.
Leggo ora l’intera storia, nostro testo della predicazione odierna, tratta dal I Libro dei Re,
capitolo 17, versetti 1-16:
1 Elia, il Tisbita, uno di quelli che si erano stabiliti in Galaad, disse ad Acab: «Com’è vero che vive il
SIGNORE, Dio d’Israele, che io servo, non ci sarà né rugiada né pioggia in questi anni, se non alla mia
parola».
2 La parola del SIGNORE gli fu rivolta in questi termini: 3 «Parti di qua, va’ verso oriente, e nasconditi
presso il torrente Cherit, che è di fronte al Giordano. 4 Tu berrai al torrente, e io ho comandato ai corvi
che là ti diano da mangiare». 5 Egli dunque partì, e fece secondo la parola del SIGNORE; andò e si
stabilì presso il torrente Cherit, che è di fronte al Giordano. 6 E i corvi gli portavano del pane e della
carne la mattina, e del pane e della carne la sera; e beveva al torrente. 7 Ma di lì a qualche tempo il
torrente rimase asciutto, perché non pioveva sul paese.
8 Allora la parola del SIGNORE gli fu rivolta in questi termini: 9 «Àlzati, va’ ad abitare a Sarepta dei
Sidoni; io ho ordinato a una vedova di laggiù che ti dia da mangiare». 10 Egli dunque si alzò, e andò a
Sarepta; e, quando giunse alla porta della città, c’era una donna vedova, che raccoglieva legna. Egli la
chiamò, e le disse: «Ti prego, vammi a cercare un po’ d’acqua in un vaso, affinché io beva». 11 E mentre
lei andava a prenderla, egli le gridò dietro: «Portami, ti prego, anche un pezzo di pane». 12 Lei rispose:
«Com’è vero che vive il SIGNORE, il tuo Dio, del pane non ne ho; ho solo un pugno di farina in un vaso,
e un po’ d’olio in un vasetto; ed ecco, sto raccogliendo due rami secchi per andare a cuocerla per me e
per mio figlio; la mangeremo, e poi moriremo». 13 Elia le disse: «Non temere; va’ e fa’ come hai detto;
ma fanne prima una piccola focaccia per me, e portamela; poi ne farai per te e per tuo figlio. 14 Infatti
così dice il SIGNORE, Dio d’Israele: “La farina nel vaso non si esaurirà e l’olio nel vasetto non calerà,
fino al giorno che il SIGNORE manderà la pioggia sulla terra”». 15 Quella andò e fece come Elia le
aveva detto; lei, la sua famiglia ed Elia ebbero di che mangiare per molto tempo. 16 La farina nel vaso
non si esaurì, e l’olio nel vasetto non calò, secondo la parola che il SIGNORE aveva pronunciata per
bocca d’Elia.
Cara Comunità,
che storia fibesca! E, al tempo stesso, divina.
È fiabesco come Elia sia salvato dalla morte; come Dio stesso aiuti Elia a fuggire, lo faccia
proseguire, lo nasconda, gli faccia portare cibo dai corvi e, dopo, gli faccia proseguire il viaggio
e lo salvi di nuovo.
Fiabesco è anche il grande cuore della vedova, che non pensa a se stessa e al figlio, ma aiuta
un forestiero. Non ha quasi nulla, ma ha la forza di dar via il poco che ha ancora.
E mentre ascolto la storia, mi sorge nel cuore il desiderio che qualcosa, di questa storia, diventi
realtà: che le vedove e gli orfani, come quelli di Sarepta, e i rifugiati per persecuzione politica,
come Elia, non debbano morir di fame e di sete.
Che per le persone sia possibile riempirsi di continuo, a vicenda, i recipienti della farina e le
brocche dell’olio.
Che sia davvero possibile condividere il superfluo. La vedova fa addirittura un passo oltre: ella
condivide perfino l’ultima cosa che ha.
Che le persone facciano conto sulla realtà di Dio; che confidino nella sua potenza.
Egli indica la via alle persone, come Elia; fa incontrare le persone giuste al momento giusto. I
tre, la vedova, suo figlio e il profeta, continuano a vivere in condizioni modeste e con
moderazione.
Nutre anche la fiducia in Dio di prendere ciascun giorno per quel che è, senza proiettare le
preoccupazioni sul futuro. Essi si affidano alla benedizione e all’attenzione amorevole di Dio che
a tutto sarà provveduto, quando sarà il momento. Fa parte della grande grazia di Dio che essi,
prima, non debbano sapere a che cosa vanno incontro: che il figlio si ammalerà gravemente e
che Elia dovrà proseguire il viaggio.
E poiché, per volontà di Dio, allora non morirono, non morirono né di fame né di sete in tempo di
siccità, tra gli ebrei, uomini e donne, più tardi si racconteranno storie analogamente fiabesche.
L’aspetto peculiare delle fiabe è che non sono determinati né l’anno né il luogo, ma recano
grandi verità:
verità d’importanza vitale
verità che infondono speranza e chiamano alla pazienza
verità che rendono visibili e concepibili l’amore di Dio
verità che rafforzano la fiducia che Dio provvederà al giorno di domani
verità che avidità e mancanza di misura rovinano anche le migliori possibilità della vita
In una storia ebraica se ne parla in modo veritiero. Dice che ciò che è cominicato non finisce:
proprio come il contenitore della farina e la brocca dell’olio della vedova, che si riempiono ogni
volta. La storia è questa:
“Un giorno, in un piccolo shtetl nel grande impero russo arrivò il profeta Elia, travestito da
mendicante. Lì vivevano due fratelli, uno povero e uno ricco. Dal ricco c’erano molti rubli; dal
povero, nemmeno un copeco. Il fratello povero era buono e gentile; il ricco, invece, era duro e
avaro e non pensava ad aiutare il fratello.
Il profeta, in veste di mendicante, andò prima dal fratello ricco, che stava proprio davanti al
portone della corte; lo salutò gentilmente: “Shalom alejchem, buongiorno! Egregio signore, siate
gentile e datemi un po’ di soldi, anche solo un copeco, per comprarmi qualcosa da mangiare!“.
Il ricco gridò, arrabbiato: “Non ti do un bel niente! Sparisci, accattone o ti aizzo i cani!“
Ma il cane, che era arrivato ringhiando e mostrando i denti, si allontanò dal mendicante e si
accovacciò tranquillo a terra, cosa che fece arrabbiare il suo padrone.
Il mendicante riprese a camminare e presto giunse alla capanna del fratello povero; bussò e
disse: “Siate buono e datemi un copeco: ho fame!“.
“Vedi tu stesso che sono povero! Non posso darti denaro, ma condividerò con te quel che ho!“.
Invitò il mendicante ad entrare e sedersi e condivisero il poco che c’era in casa: un pezzo di
pane, mezza aringa, mandati giù con del tè freddo, rimanenza del giorno prima. Mangiarono e
conversarono; poi il mendicante si alzò, proponendosi di continuare il viaggio. Ma prima
ringraziò di cuore il suo ospite e disse: “Ciò che cominciate a fare, non avrà fine!“. Era un
augurio strano; che cosa vuol dire che ciò con cui si comnica non avrà fine?“
L’uomo povero non se ne dette pensiero. Vide che, sulla panchetta, c’era il suo tallit, lo scialle di
preghiera, e lo ripiegò.
Non credette ai suoi occhi: all’improvviso, sulla panchetta c’era un altro tallit, molto più bello del
suo, di stoffa finissima. Ripiegò anche quello. Ma ecco che comparvero un terzo e un quarto
scialle e poi altri scialli, che non finivano mai. Allora comprese quel che aveva inteso dire il
mendicante e capì anche che non era un semplice mendicante, ma che era il profeta Elia! Alla
fine, la sua capanna era piena di scialli da preghiera; aprì un negozio e li vendette e la sua
povertà ebbe fine.
Naturalmente, la notizia del fatto si propagò come un fuoco e raggiunse le orecchie del fratello
ricco. Il quale pensò di procurarsi la sua parte e si sarebbe strappato la barba per essere stato
così brusco con il supposto mendicante. Sperò che questi si facesse rivedere e che
pronunciasse una benedizione simili anche per lui.
Pensava: “Non farò pile di teli come mio fratello, l’inetto, l’accattone! Io conterò rubli d’oro!“
E, per ogni evenienza, riempì una stanza di cassepanche vuote, da riempire con mucchi d’oro.
Sul tavolo, mise una moneta d’oro, per avere qualcosa con cui cominciare a contare.
E davvero!, poco dopo vide da lontano un mendicante; gli andò incontro gridando: “Shalom
alejchem, caro amico; entra e sii mio ospite!“ E, tra molti inchini, invitò il mendicante a entrare in
sala da pranzo. Gli dette da mangiare e da bere di ogni cosa buona e cara: squisito brodo di
gallina; pesce ripieno, polli arrosto e, per dessert, uno zuccotto dolce e, per accompagnare il
tutto, usò i vini migliori, come se ne bevono dai Rothschild!
Quando ebbero finito di mangiare, il mendicante si alzò e disse all’ospite: “Vi ringrazio! Che quel
che cominciate non abbia fine!“
Che roba!, pensò l’uomo ricco, spingendo fuori il mendicante, perché non poteva aspettare di
cominciare a contare le monete d’oro. Corse nella stanza dove c’erano le cassepanche vuote e
afferrò la moneta con cui voleva cominciare a contare; ma allora pensò che avrebbe contato
tutta la notte e che, dopo aver bevuto tutto quel vino, sarebbe stato meglio, prima, alleggerirsi…
E quindi andò in un angolo buio del cortile… Che cosa volete che vi dica: l’augurio del profeta
Elia si attuò pienamente! E così, ancora oggi, egli si trova nel cortile e si alleggerisce!“
Cara Comunità,
pensiamo bene a ciò che cominciamo; e tutto quel che è buono possa non avere fine, per
volontà di Dio. Possa egli porvi sopra la sua benedizione.
Amen.Cara Comunità,
“C’era una volta…“: così cominciano molte favole.
C’era una volta un uomo saggio e timorato di Dio, in una terra lontana. Un giorno, vide venire
una grande siccità; fu mandato in Oriente e dovette nascondersi vicino ad un piccolo torrente.
Quando arrivò al torrente, vide che poteva bere l’acqua. E quando pensò a dove trovare
qualcosa da mangiare, arrivarono volando dei corvi, che gli portarono pane e carne la mattina e
la sera. Ma, ahimé, il torrente si seccò perché non piovve nemmeno in quella contrada. Ogni
giorno, il sole splendeva. Di nuovo, l’uomo pio fu costretto a proseguire il viaggio.
Se qualcuno raccontasse questa storia leggendo in un grosso librone, magari di sera, quando a
uno gli occhi quasi si chiudono, allora si penserebbe di ascoltare una favola. Le persone buone
finiscono in situazioni difficili e gravi. Ma spesso ci sono animali che aiutano; talvolta, nelle
favole, essi parlano pure. Ma, soprattutto, alla fine la storia, nonostante tutti gli ostacoli, finisce
bene, altrimenti non sarebbero buone storie della buona notte.
Le favole non le raccontiamo per divertimento. La maggior parte di esse sono piuttosto serie,
trattano di situazioni gravi e di pericoli. Si parla di vita e di morte, di sapienza di vita.
Poiché le favole contengono molta più verità di certe cose che ascoltiamo o leggiamo da
qualche parte, anche nella Bibbia ci sono storie con tratti fiabeschi, che vengono ripetutamente
narrate per consolare, per fare coraggio contro la disperazione, per resistere in tempi difficili.
Leggo ora l’intera storia, nostro testo della predicazione odierna, tratta dal I Libro dei Re,
capitolo 17, versetti 1-16:
1 Elia, il Tisbita, uno di quelli che si erano stabiliti in Galaad, disse ad Acab: «Com’è vero che vive il
SIGNORE, Dio d’Israele, che io servo, non ci sarà né rugiada né pioggia in questi anni, se non alla mia
parola».
2 La parola del SIGNORE gli fu rivolta in questi termini: 3 «Parti di qua, va’ verso oriente, e nasconditi
presso il torrente Cherit, che è di fronte al Giordano. 4 Tu berrai al torrente, e io ho comandato ai corvi
che là ti diano da mangiare». 5 Egli dunque partì, e fece secondo la parola del SIGNORE; andò e si
stabilì presso il torrente Cherit, che è di fronte al Giordano. 6 E i corvi gli portavano del pane e della
carne la mattina, e del pane e della carne la sera; e beveva al torrente. 7 Ma di lì a qualche tempo il
torrente rimase asciutto, perché non pioveva sul paese.
8 Allora la parola del SIGNORE gli fu rivolta in questi termini: 9 «Àlzati, va’ ad abitare a Sarepta dei
Sidoni; io ho ordinato a una vedova di laggiù che ti dia da mangiare». 10 Egli dunque si alzò, e andò a
Sarepta; e, quando giunse alla porta della città, c’era una donna vedova, che raccoglieva legna. Egli la
chiamò, e le disse: «Ti prego, vammi a cercare un po’ d’acqua in un vaso, affinché io beva». 11 E mentre
lei andava a prenderla, egli le gridò dietro: «Portami, ti prego, anche un pezzo di pane». 12 Lei rispose:
«Com’è vero che vive il SIGNORE, il tuo Dio, del pane non ne ho; ho solo un pugno di farina in un vaso,
e un po’ d’olio in un vasetto; ed ecco, sto raccogliendo due rami secchi per andare a cuocerla per me e
per mio figlio; la mangeremo, e poi moriremo». 13 Elia le disse: «Non temere; va’ e fa’ come hai detto;
ma fanne prima una piccola focaccia per me, e portamela; poi ne farai per te e per tuo figlio. 14 Infatti
così dice il SIGNORE, Dio d’Israele: “La farina nel vaso non si esaurirà e l’olio nel vasetto non calerà,
fino al giorno che il SIGNORE manderà la pioggia sulla terra”». 15 Quella andò e fece come Elia le
aveva detto; lei, la sua famiglia ed Elia ebbero di che mangiare per molto tempo. 16 La farina nel vaso
non si esaurì, e l’olio nel vasetto non calò, secondo la parola che il SIGNORE aveva pronunciata per
bocca d’Elia.
Cara Comunità,
che storia fibesca! E, al tempo stesso, divina.
È fiabesco come Elia sia salvato dalla morte; come Dio stesso aiuti Elia a fuggire, lo faccia
proseguire, lo nasconda, gli faccia portare cibo dai corvi e, dopo, gli faccia proseguire il viaggio
e lo salvi di nuovo.
Fiabesco è anche il grande cuore della vedova, che non pensa a se stessa e al figlio, ma aiuta
un forestiero. Non ha quasi nulla, ma ha la forza di dar via il poco che ha ancora.
E mentre ascolto la storia, mi sorge nel cuore il desiderio che qualcosa, di questa storia, diventi
realtà: che le vedove e gli orfani, come quelli di Sarepta, e i rifugiati per persecuzione politica,
come Elia, non debbano morir di fame e di sete.
Che per le persone sia possibile riempirsi di continuo, a vicenda, i recipienti della farina e le
brocche dell’olio.
Che sia davvero possibile condividere il superfluo. La vedova fa addirittura un passo oltre: ella
condivide perfino l’ultima cosa che ha.
Che le persone facciano conto sulla realtà di Dio; che confidino nella sua potenza.
Egli indica la via alle persone, come Elia; fa incontrare le persone giuste al momento giusto. I
tre, la vedova, suo figlio e il profeta, continuano a vivere in condizioni modeste e con
moderazione.
Nutre anche la fiducia in Dio di prendere ciascun giorno per quel che è, senza proiettare le
preoccupazioni sul futuro. Essi si affidano alla benedizione e all’attenzione amorevole di Dio che
a tutto sarà provveduto, quando sarà il momento. Fa parte della grande grazia di Dio che essi,
prima, non debbano sapere a che cosa vanno incontro: che il figlio si ammalerà gravemente e
che Elia dovrà proseguire il viaggio.
E poiché, per volontà di Dio, allora non morirono, non morirono né di fame né di sete in tempo di
siccità, tra gli ebrei, uomini e donne, più tardi si racconteranno storie analogamente fiabesche.
L’aspetto peculiare delle fiabe è che non sono determinati né l’anno né il luogo, ma recano
grandi verità:
verità d’importanza vitale
verità che infondono speranza e chiamano alla pazienza
verità che rendono visibili e concepibili l’amore di Dio
verità che rafforzano la fiducia che Dio provvederà al giorno di domani
verità che avidità e mancanza di misura rovinano anche le migliori possibilità della vita
In una storia ebraica se ne parla in modo veritiero. Dice che ciò che è cominicato non finisce:
proprio come il contenitore della farina e la brocca dell’olio della vedova, che si riempiono ogni
volta. La storia è questa:
“Un giorno, in un piccolo shtetl nel grande impero russo arrivò il profeta Elia, travestito da
mendicante. Lì vivevano due fratelli, uno povero e uno ricco. Dal ricco c’erano molti rubli; dal
povero, nemmeno un copeco. Il fratello povero era buono e gentile; il ricco, invece, era duro e
avaro e non pensava ad aiutare il fratello.
Il profeta, in veste di mendicante, andò prima dal fratello ricco, che stava proprio davanti al
portone della corte; lo salutò gentilmente: “Shalom alejchem, buongiorno! Egregio signore, siate
gentile e datemi un po’ di soldi, anche solo un copeco, per comprarmi qualcosa da mangiare!“.
Il ricco gridò, arrabbiato: “Non ti do un bel niente! Sparisci, accattone o ti aizzo i cani!“
Ma il cane, che era arrivato ringhiando e mostrando i denti, si allontanò dal mendicante e si
accovacciò tranquillo a terra, cosa che fece arrabbiare il suo padrone.
Il mendicante riprese a camminare e presto giunse alla capanna del fratello povero; bussò e
disse: “Siate buono e datemi un copeco: ho fame!“.
“Vedi tu stesso che sono povero! Non posso darti denaro, ma condividerò con te quel che ho!“.
Invitò il mendicante ad entrare e sedersi e condivisero il poco che c’era in casa: un pezzo di
pane, mezza aringa, mandati giù con del tè freddo, rimanenza del giorno prima. Mangiarono e
conversarono; poi il mendicante si alzò, proponendosi di continuare il viaggio. Ma prima
ringraziò di cuore il suo ospite e disse: “Ciò che cominciate a fare, non avrà fine!“. Era un
augurio strano; che cosa vuol dire che ciò con cui si comnica non avrà fine?“
L’uomo povero non se ne dette pensiero. Vide che, sulla panchetta, c’era il suo tallit, lo scialle di
preghiera, e lo ripiegò.
Non credette ai suoi occhi: all’improvviso, sulla panchetta c’era un altro tallit, molto più bello del
suo, di stoffa finissima. Ripiegò anche quello. Ma ecco che comparvero un terzo e un quarto
scialle e poi altri scialli, che non finivano mai. Allora comprese quel che aveva inteso dire il
mendicante e capì anche che non era un semplice mendicante, ma che era il profeta Elia! Alla
fine, la sua capanna era piena di scialli da preghiera; aprì un negozio e li vendette e la sua
povertà ebbe fine.
Naturalmente, la notizia del fatto si propagò come un fuoco e raggiunse le orecchie del fratello
ricco. Il quale pensò di procurarsi la sua parte e si sarebbe strappato la barba per essere stato
così brusco con il supposto mendicante. Sperò che questi si facesse rivedere e che
pronunciasse una benedizione simili anche per lui.
Pensava: “Non farò pile di teli come mio fratello, l’inetto, l’accattone! Io conterò rubli d’oro!“
E, per ogni evenienza, riempì una stanza di cassepanche vuote, da riempire con mucchi d’oro.
Sul tavolo, mise una moneta d’oro, per avere qualcosa con cui cominciare a contare.
E davvero!, poco dopo vide da lontano un mendicante; gli andò incontro gridando: “Shalom
alejchem, caro amico; entra e sii mio ospite!“ E, tra molti inchini, invitò il mendicante a entrare in
sala da pranzo. Gli dette da mangiare e da bere di ogni cosa buona e cara: squisito brodo di
gallina; pesce ripieno, polli arrosto e, per dessert, uno zuccotto dolce e, per accompagnare il
tutto, usò i vini migliori, come se ne bevono dai Rothschild!
Quando ebbero finito di mangiare, il mendicante si alzò e disse all’ospite: “Vi ringrazio! Che quel
che cominciate non abbia fine!“
Che roba!, pensò l’uomo ricco, spingendo fuori il mendicante, perché non poteva aspettare di
cominciare a contare le monete d’oro. Corse nella stanza dove c’erano le cassepanche vuote e
afferrò la moneta con cui voleva cominciare a contare; ma allora pensò che avrebbe contato
tutta la notte e che, dopo aver bevuto tutto quel vino, sarebbe stato meglio, prima, alleggerirsi…
E quindi andò in un angolo buio del cortile… Che cosa volete che vi dica: l’augurio del profeta
Elia si attuò pienamente! E così, ancora oggi, egli si trova nel cortile e si alleggerisce!“
Cara Comunità,
pensiamo bene a ciò che cominciamo; e tutto quel che è buono possa non avere fine, per
volontà di Dio. Possa egli porvi sopra la sua benedizione.
Amen.